martedì 12 maggio 2015

Mamaev Kurgan tra mito e memoria

Statua della Madre Russia a Mamaev Kurgan

In Russia c'è un luogo che meglio di altri simboleggia l'immane sacrificio di sangue del popolo russo durante la Grande Guerra Patriottica. È il luogo simbolo della straordinaria forza di volontà delle genti di Russia. È il luogo del martirio e della vittoria. Sovrasta la città in cui si consumò la più grande battaglia di terra della storia dell'umanità, vero momento di svolta nella tragedia della seconda guerra mondiale. È la collina di Mamaev Kurgan che domina sulla città che dal 1961 è chiamata Volgograd, da quando cioè, sull'onda del rinnovamento chruscioviano, fu privata della denominazione con la quale aveva vissuto le proprie giornate più drammatiche ed eroiche: Stalingrado.

La collina di Mamaev Kurgan ha una storia che merita di essere raccontata. Luogo simbolo dell'epopea bellica sovietica e sede di uno dei più colossali e suggestivi memoriali militari del mondo, già nel nome evoca la pluralità di miti e civiltà che caratterizza la Russia. Un antico proverbio recita: «gratta un russo e ci troverai un tartaro1», a testimonianza dello strano rapporto di compenetrazione tra l'elemento slavo e l'elemento turanico nel carattere nazionale della Russia. E sul nome della collina è sorta una leggenda che, benché probabilmente inattendibile, richiama questa circostanza. Il termine “kurgan”, di probabile origine turca, indica infatti un particolare tipo di tumulo funerario diffuso nell'immensa steppa eurasiatica e tipico delle popolazioni nomadi che sin dall'antichità hanno abitato quei luoghi (sciti, sarmati, unni, tribù turche, ecc).2 La collina di Mamaev Kurgan (traducibile come “Tumulo di Mamaj”) sarebbe così chiamata in associazione alla figura del condottiero tataro dell'Orda Blu Mamaj, celebre antagonista del principe moscovita Dmitrij Donskoj nell'epica battaglia di Kulikovo e forse avo della madre dello zar Ivan il Terribile, Elena Glinskaja.3 Secondo alcune teorie Mamaj, che rivestiva un ruolo politico e militare di primaria importanza nell'ormai decadente Khanato dell'Orda Blu, installò un avamposto di guardia in cima alla collina, in una posizione strategica, a poche decine di chilometri dalla capitale dell'Orda d'Oro Saraj, una delle più popolose città del Medioevo. La collina poi, in base alla leggenda, avrebbe ospitato le spoglie mortali del condottiero tataro, dando fondamento all'odierno nome del sito.4 Tuttavia, come sostenuto dal pittore Ivan Aivazovskij, è più probabile che Mamaj in realtà sia stato sepolto in Crimea, a poca distanza dal luogo in cui fu ucciso nel 1380 forse dai genovesi o per ordine del khan Toktamish, suo rivale.5 Quello della sepoltura di Mamaj rappresenta peraltro solo il più famoso tra i presunti ed improbabili misteri che coinvolgono la collina e che spaziano dal mito della spada nella roccia dei sarmati alle gesta del re persiano Dario fino all'esoterismo nazista.6

Al tempo della battaglia di Stalingrado Mamaev Kurgan era indicata nelle mappe topografiche militari semplicemente come “Collina 102.0”. Considerata strategicamente importante per via della propria posizione, la collina divenne teatro di uno dei momenti più drammatici della battaglia che avrebbe cambiato gli esiti del conflitto mondiale. Per più di quattro mesi soldati della Wehrmacht e dell'Armata Rossa combatterono atrocemente per il controllo della collina, circondati da una città avvolta da un'atmosfera spettrale. Quando la 6ª Armata tedesca, il 13 settembre 1942, lanciò il proprio attacco al cuore della città, il comando della 62ª Armata sovietica dovette abbandonare la propria postazione sulla collina. Iniziò dunque un susseguirsi di cambi di mano nel controllo di Mamaev Kurgan. Il 16 settembre, grazie ai diecimila uomini della 13ª Divisione di Fanteria guidata dal generale Rodimcev, l'Armata Rossa passò al contrattacco, ma nel marasma di quelle settimane risultava quasi impossibile stabilire chi avesse effettivamente il controllo del sito. Occorrerà aspettare l'offensiva sovietica finale, la cosiddetta “Operazione Anello” iniziata il 10 gennaio 1943, per liberare definitivamente la collina dalla presenza tedesca. A distinguersi particolarmente nella lotta per Mamaev Kurgan vi fu la 284ª Divisione di Fanteria, formata in Siberia e comandata dal colonnello Nikolaj Batjuk, la quale poteva annoverare tra i suoi membri una delle figure più leggendarie della Grande Guerra Patriottica, il micidiale cecchino Vasilij Zajcev, ivi sepolto nel 2006, in prossimità di un monumento che richiama una sua celebre frase: «non c'è terra per noi dietro il Volga».7 Zajcev non è peraltro l'unico personaggio di fama sepolto nel complesso monumentale: Vasilij Čujkov, generale durante la battaglia di Stalingrado, fu sepolto a Mamaev Kurgan nel 1982, primo maresciallo dell'Unione Sovietica a non essere tumulato a Mosca.

L'8 febbraio 1943, a una settimana di distanza dalla fine dei combattimenti per Mamaev Kurgan, i caduti sovietici per la sua difesa furono sepolti sulla collina, dove fu issato un semplice obelisco in legno. A guerra conclusa le autorità sovietiche attribuirono a Stalingrado il titolo di “città eroina”. Poco dopo Stalin ordinò la costruzione di un grande memoriale e di una colossale statua, destinata non solo a rappresentare la personificazione della Madre Russia, ma anche a suggellare in eterno la vittoria che, a dispetto di certa storiografia minimizzatrice, segnò la svolta del secondo conflitto mondiale, arrestando l'avanzata nazista verso gli importantissimi giacimenti petroliferi del Caucaso e gettando nel totale sconforto la Wehrmacht e la gerarchia politica nazista. È infatti storicamente innegabile che l'annichilimento della potente 6ª Armata rappresentò l'inizio della fine per il Terzo Reich.8

Furono molti gli artisti a candidarsi per la realizzazione dell'opera, ma ad essere scelti furono i soli Evgenij Vučetič, scultore di spicco del realismo socialista e già autore del memoriale sovietico di Berlino, e Nikolaj Nikitin, architetto famoso per l'edificio principale dell'Università Statale di Mosca, lo Stadio Lužniki e la torre di Ostankino.9 L'edificazione della Statua della Madre Russia (nota anche con il nome “La Madrepatria chiama!”) iniziò nel maggio del 1959, dopo la ricostruzione della città distrutta durante la guerra. Come fonte d'ispirazione per l'aspetto della Madre Russia fu scelta una semplice ragazza di Stalingrado, la ventiseienne Valentina Izotova, anche se nella fisionomia del corpo sembrano evidenti i richiami alla famosa Nike di Samotracia. La scultura fu inaugurata il 15 ottobre 1967, divenendo la più imponente statua fino a quel momento costruita nel mondo. Alta 85 metri (33 metri solo la spada) e pesante quasi 8.000 tonnellate, la statua della Madre Russia è visibile da ogni punto della città e già dall'espressione del viso richiama allo spirito fiero e sovrano del popolo russo. Lo stesso spirito fiero e sovrano dei quasi 35.000 soldati sovietici sepolti sotto di essa.

Particolare simbolico è costituito dal numero degli scalini che conducono alla scultura: 200 come i giorni della battaglia di Stalingrado. A completare il memoriale vi sono numerosi monumenti in onore del popolo della città. Particolarmente significativi quello al “milite ignoto” armato di kalashnikov e quello alla “madre addolorata” chinata sul figlio morente. In anni recenti, vicino alla grande statua della Madre Russia, è stata anche costruita una chiesa ortodossa dedicata ad Ognissanti, segno di una rinascita religiosa che arricchisce ulteriormente la sacralità del luogo. Per tutto ciò non stupisce che il complesso monumentale di Mamaev Kurgan sia stato nominato tra le sette meraviglie della Russia. Una meraviglia architettonica che è in fondo l'autobiografia in pietra della nazione russa. 
Fabio Petrucci

1 Stanley Stewart, L'impero di Gengis Khan: A cavallo tra i nomadi, 2004.
2 Luigi Luca Cavalli-Sforza, Le radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici e storici, 2001. 
3 Francis Carr, Ivan the Terrible, 1981.
Elena Hellberg-Hirn, Soil and soul: the symbolic world of russianness, 1998.
5 Virgil Ciociltan, The Mongols and the Black Sea trade in the thirteenth and fourteenth centuries, 2012.
6 Sugli antichi miti legati al luogo: (in russo) Legendy i cokrovisha Mamaeva Kurgana; Sull'esoterismo nazista: (in inglese) Occult mystery Mamaev Kurgan.
7 Joseph Carlson, Snipers and shooters: the kill shot out of nowhere, 2011. 
David Glantz e Jonathan House, Endgame at Stalingrad, 2: december 1942-february 1943, 2014. 
9 David A. Law, Russian civilization, 1975.

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