Statua
della Madre Russia a
Mamaev Kurgan
In
Russia c'è un luogo che meglio di altri simboleggia l'immane
sacrificio di sangue del popolo russo durante la Grande Guerra
Patriottica. È il luogo simbolo della straordinaria forza di volontà
delle genti di Russia. È il luogo del martirio e della vittoria.
Sovrasta la città in cui si consumò la più grande battaglia di
terra della storia dell'umanità, vero momento di svolta nella
tragedia della seconda guerra mondiale. È la collina di Mamaev
Kurgan che domina sulla città che dal 1961 è chiamata Volgograd, da
quando cioè, sull'onda del rinnovamento chruscioviano, fu privata
della denominazione con la quale aveva vissuto le proprie giornate
più drammatiche ed eroiche: Stalingrado.
La
collina di Mamaev Kurgan ha una storia che merita di essere
raccontata. Luogo simbolo dell'epopea bellica sovietica e sede di uno
dei più colossali e suggestivi memoriali militari del mondo, già
nel nome evoca la pluralità di miti e civiltà che caratterizza la
Russia. Un antico proverbio recita: «gratta un russo e ci troverai
un tartaro1», a
testimonianza dello strano rapporto di compenetrazione tra l'elemento
slavo e l'elemento turanico nel carattere nazionale della Russia. E
sul nome della collina è sorta una leggenda che, benché
probabilmente inattendibile, richiama questa circostanza. Il termine
“kurgan”, di probabile origine turca, indica infatti un
particolare tipo di tumulo funerario diffuso nell'immensa steppa
eurasiatica e tipico delle popolazioni nomadi che sin dall'antichità
hanno abitato quei luoghi (sciti, sarmati, unni, tribù turche,
ecc).2 La collina di
Mamaev Kurgan (traducibile come “Tumulo di Mamaj”) sarebbe
così chiamata in associazione alla figura del condottiero tataro
dell'Orda Blu Mamaj, celebre antagonista del principe moscovita
Dmitrij Donskoj nell'epica battaglia di Kulikovo e forse avo della
madre dello zar Ivan il Terribile, Elena Glinskaja.3 Secondo
alcune teorie Mamaj, che rivestiva un ruolo politico e militare di
primaria importanza nell'ormai decadente Khanato dell'Orda Blu,
installò un avamposto di guardia in cima alla collina, in una
posizione strategica, a poche decine di chilometri dalla capitale
dell'Orda d'Oro Saraj, una delle più popolose città del Medioevo.
La collina poi, in base alla leggenda, avrebbe ospitato le spoglie
mortali del condottiero tataro, dando fondamento all'odierno nome del
sito.4 Tuttavia, come
sostenuto dal pittore Ivan Aivazovskij, è più probabile che Mamaj
in realtà sia stato sepolto in Crimea, a poca distanza dal luogo in
cui fu ucciso nel 1380 forse dai genovesi o per ordine del khan
Toktamish, suo rivale.5 Quello
della sepoltura di Mamaj rappresenta peraltro solo il più famoso tra
i presunti ed improbabili misteri che coinvolgono la collina e che
spaziano dal mito della spada nella roccia dei sarmati alle gesta del
re persiano Dario fino all'esoterismo nazista.6
Al
tempo della battaglia di Stalingrado Mamaev Kurgan era indicata nelle
mappe topografiche militari semplicemente come “Collina 102.0”.
Considerata strategicamente importante per via della propria
posizione, la collina divenne teatro di uno dei momenti più
drammatici della battaglia che avrebbe cambiato gli esiti del
conflitto mondiale. Per più di quattro mesi soldati della Wehrmacht
e dell'Armata Rossa combatterono atrocemente per il controllo della
collina, circondati da una città avvolta da un'atmosfera spettrale.
Quando la 6ª Armata tedesca, il 13 settembre 1942, lanciò il
proprio attacco al cuore della città, il comando della 62ª Armata
sovietica dovette abbandonare la propria postazione sulla collina.
Iniziò dunque un susseguirsi di cambi di mano nel controllo di
Mamaev Kurgan. Il 16 settembre, grazie ai diecimila uomini della 13ª
Divisione di Fanteria guidata dal generale Rodimcev, l'Armata Rossa
passò al contrattacco, ma nel marasma di quelle settimane risultava
quasi impossibile stabilire chi avesse effettivamente il controllo
del sito. Occorrerà aspettare l'offensiva sovietica finale, la
cosiddetta “Operazione Anello” iniziata il 10 gennaio 1943, per
liberare definitivamente la collina dalla presenza tedesca. A
distinguersi particolarmente nella lotta per Mamaev Kurgan vi fu la
284ª Divisione di Fanteria, formata in Siberia e comandata dal
colonnello Nikolaj Batjuk, la quale poteva annoverare tra i suoi
membri una delle figure più leggendarie della Grande Guerra
Patriottica, il micidiale cecchino Vasilij Zajcev, ivi sepolto nel
2006, in prossimità di un monumento che richiama una sua celebre
frase: «non c'è terra per noi dietro il Volga».7 Zajcev
non è peraltro l'unico personaggio di fama sepolto nel complesso
monumentale: Vasilij Čujkov, generale
durante la battaglia di Stalingrado, fu sepolto a Mamaev Kurgan nel
1982, primo maresciallo dell'Unione Sovietica a non essere tumulato a
Mosca.
L'8
febbraio 1943, a una settimana di distanza dalla fine dei
combattimenti per Mamaev Kurgan, i caduti sovietici per la sua difesa
furono sepolti sulla collina, dove fu issato un semplice obelisco in
legno. A guerra conclusa le autorità sovietiche attribuirono a
Stalingrado il titolo di “città eroina”. Poco dopo Stalin
ordinò la costruzione di un grande memoriale e di una colossale
statua, destinata non solo a rappresentare la personificazione della
Madre Russia, ma anche a suggellare in eterno la vittoria che, a
dispetto di certa storiografia minimizzatrice, segnò la svolta del
secondo conflitto mondiale, arrestando l'avanzata nazista verso gli
importantissimi giacimenti petroliferi del Caucaso e gettando nel
totale sconforto la Wehrmacht e la gerarchia politica nazista. È
infatti storicamente innegabile che l'annichilimento della potente 6ª
Armata rappresentò l'inizio della fine per il Terzo Reich.8
Furono
molti gli artisti a candidarsi per la realizzazione dell'opera, ma ad
essere scelti furono i soli Evgenij Vučetič, scultore di spicco del
realismo socialista e già autore del memoriale sovietico di Berlino,
e Nikolaj Nikitin, architetto famoso per l'edificio principale
dell'Università Statale di Mosca, lo Stadio Lužniki e la torre di
Ostankino.9 L'edificazione
della Statua della Madre Russia (nota anche con il nome “La
Madrepatria chiama!”) iniziò nel maggio del 1959, dopo la
ricostruzione della città distrutta durante la guerra. Come fonte
d'ispirazione per l'aspetto della Madre Russia fu scelta una semplice
ragazza di Stalingrado, la ventiseienne Valentina Izotova, anche se
nella fisionomia del corpo sembrano evidenti i richiami alla famosa
Nike di Samotracia. La scultura fu inaugurata il 15 ottobre 1967,
divenendo la più imponente statua fino a quel momento costruita nel
mondo. Alta 85 metri (33 metri solo la spada) e pesante quasi 8.000
tonnellate, la statua della Madre Russia è visibile da ogni punto
della città e già dall'espressione del viso richiama allo spirito
fiero e sovrano del popolo russo. Lo stesso spirito fiero e sovrano
dei quasi 35.000 soldati sovietici sepolti sotto di essa.
Particolare
simbolico è costituito dal numero degli scalini che conducono alla
scultura: 200 come i giorni della battaglia di Stalingrado. A
completare il memoriale vi sono numerosi monumenti in onore del
popolo della città. Particolarmente significativi quello al “milite
ignoto” armato di kalashnikov e quello alla “madre addolorata”
chinata sul figlio morente. In anni recenti, vicino alla grande
statua della Madre Russia, è stata anche costruita una chiesa
ortodossa dedicata ad Ognissanti, segno di una rinascita religiosa
che arricchisce ulteriormente la sacralità del luogo. Per tutto ciò
non stupisce che il complesso monumentale di Mamaev Kurgan sia stato
nominato tra le sette meraviglie della Russia. Una meraviglia
architettonica che è in fondo l'autobiografia in pietra della
nazione russa.
Fabio
Petrucci
1 Stanley Stewart, L'impero di Gengis Khan: A cavallo tra i nomadi, 2004.
2 Luigi Luca Cavalli-Sforza, Le radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici e storici, 2001.
3 Francis Carr, Ivan the Terrible, 1981.
4 Elena Hellberg-Hirn, Soil and soul: the symbolic world of russianness, 1998.
5 Virgil Ciociltan, The Mongols and the Black Sea trade in the thirteenth and fourteenth centuries, 2012.
6 Sugli antichi miti legati al luogo: (in russo) Legendy i cokrovisha Mamaeva Kurgana; Sull'esoterismo nazista: (in inglese) Occult mystery Mamaev Kurgan.
7 Joseph Carlson, Snipers and shooters: the kill shot out of nowhere, 2011.
8 David Glantz e Jonathan House, Endgame at Stalingrad, 2: december 1942-february 1943, 2014.
9 David A. Law, Russian civilization, 1975.
8 David Glantz e Jonathan House, Endgame at Stalingrad, 2: december 1942-february 1943, 2014.
9 David A. Law, Russian civilization, 1975.
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