Sergej Kužugetovič Šojgu
Tra
gli esponenti del mondo politico russo forse esiste solo un uomo
dotato di un indice di popolarità prossimo a quello del presidente
Vladimir Putin. È il ministro della difesa Sergej Šojgu, la cui
ormai longeva carriera negli apparati governativi della Federazione
Russa appare immune da crisi di credibilità ed insuccessi, tanto da
far presagire per quest'uomo arrivato dal cuore della Siberia un
futuro non meno prestigioso. Vale quindi la pena ripercorrere le
tappe della vita e dell'impegno pubblico di un tale personaggio,
decorato con l'onorificenza di “Eroe della Federazione Russa” nel
1999, il quale già dal nome e dal volto evoca la complessità di un
paese che fa da ponte tra due continenti.
Sergej
Šojgu è nato il 21 maggio del 1955 a Čadan,
cittadina dell'odierna repubblica autonoma di Tuva, regione al
confine con la Mongolia. Figlio del mongolo-tuvano Kužuget
Šojgu – discendente di pastori
nomadi con una carriera da funzionario locale di partito – e
della russa etnica Aleksandra Kudrjavceva – impiegata
del ministero tuvano dell'agricoltura –,
il giovane Sergej studiò presso l'Istituto Politecnico di
Krasnojarsk, dove conseguì la laurea in ingegneria civile nel 1977.
Nello stesso anno raggiunse il grado di tenente dell'esercito, prima
tappa di una lunga scalata che lo condurrà a divenire generale
d'armata nel 2003. Tesserato al PCUS al pari dei genitori e dei
suoceri, Šojgu lavorò nell'ambito della burocrazia di varie
località della Siberia fino al 1990, quando si trasferì a Mosca
diventando vicepresidente del Comitato Sovietico per l'architettura e
le costruzioni. L'anno seguente ricevette gli incarichi di capo del
corpo dei soccorritori e poi di presidente del Comitato per le
situazioni d'emergenza di quella che stava ormai per divenire
l'odierna Federazione Russa. Questo nuovo comitato rispondeva alla
necessità di modernizzare e rendere più efficiente il sistema di
risposta ai disastri e alle emergenze, poiché esso aveva dimostrato
varie problematiche e lacune (si pensi alla gestione del dopo
Černobyl').1
Per Šojgu la nomina rappresentò una vera e propria svolta
professionale e politica, investendolo di compiti spazianti dai
disastri naturali alle conseguenze degli attacchi terroristici.2
Nei
tumultuosi anni a cavallo tra la fine dell'Unione Sovietica ed il
consolidamento del potere eltsiniano Šojgu si schierò contro i
tentativi di restaurazione del sistema comunista, dimostrandosi leale
verso le autorità governative. Da presidente del Comitato per le
situazioni d'emergenza giocò un ruolo importante nella difesa della
Casa Bianca di Mosca durante i giorni del tentato “Putsch
di agosto” del 1991.3
Impegno che gli valse la medaglia di “Difensore della Russia
libera” nel 1993, stesso anno di una nuova grave crisi
costituzionale culminata nel bombardamento della Casa Bianca (allora
sede del parlamento) per ordine del presidente El'cin. Nei primi anni
novanta a Šojgu fu affidata anche la gestione delle emergenze legate
alle tensioni inter-etniche nel Caucaso (prima guerra
osseto-georgiana e poi questione cecena). Nel gennaio del 1994 il
Comitato per le situazioni d'emergenza fu trasformato in ministero
(noto come EMERCOM). Entrando ufficialmente nella compagine
governativa Šojgu andò acquisendo una visibilità mediatica via via
crescente. Nel 1995 l'uomo venuto da Tuva decise di aderire alla
nuova formazione di centrodestra “La
Nostra Casa – Russia”, fondata
dall'allora primo ministro Viktor Černomyrdin ed avente tra i suoi
dirigenti un ancora poco noto Vladimir Putin.4
Šojgu ed il suo ministero si guadagnarono ben presto la fiducia e la
stima della popolazione. Impegnato sui fronti più disparati –
dalla gestione degli aiuti umanitari in ex Jugoslavia all'evacuazione
dei cittadini russi nelle zone a rischio del mondo, dal soccorso
post-calamità naturali alle attività umanitarie in Cecenia –
l'EMERCOM si distinse come uno dei pochi organismi istituzionali
funzionanti e credibili nel disastrato “periodo
dei torbidi” eltsiniano. Di
conseguenza la popolarità di Šojgu crebbe a vista d'occhio, tanto
che nel 1998 il celebre cineasta Nikita Michalkov gli dedicò un
apologetico documentario dal titolo “General
Kužugetyč”.5
In controtendenza rispetto a gran parte del blocco di potere
gravitante attorno a El'cin, Šojgu uscì politicamente indenne dalla
catastrofe socio-economica di quegli anni di cleptocrazia anarchica.
Il
1999 rappresenta uno spartiacque importante nella recente storia
russa. Nell'agosto di quell'anno l'ex direttore del FSB Vladimir
Putin fu nominato primo ministro. Da quel momento inizierà un lento
e progressivo percorso di ricostruzione nazionale destinato a segnare
gli ultimi quindici anni e non ancora terminato. Poco dopo la nomina
di Putin, a supporto del futuro presidente della Federazione Russa,
nacque il movimento “Unità”,
la cui guida fu affidata al popolare ministro delle situazioni
d'emergenza, da poche settimane decorato con la prestigiosa
onorificenza di “Eroe della Federazione Russa”. Nel dicembre del
2001 Šojgu, insieme al sindaco di Mosca Lužkov ed al presidente del
Tatarstan Šajmiev, fu tra i protagonisti della fusione partitica da
cui scaturì l'attuale formazione governativa, “Russia
Unita”.6 Nel
quindicennio putiniano si è sempre più consolidata l'intesa
personale e politica tra il presidente ed il generale siberiano.
Un'intesa passata anche attraverso i tragici momenti della crisi
cecena e degli attacchi terroristici dell'islamismo radicale in giro
per la Russia.7
Šojgu ha continuato a mantenere
l'incarico di ministro per le situazioni d'emergenza fino al maggio
2012, quando è stato chiamato a ricoprire la delicata posizione di
governatore dell'oblast' di Mosca. Impegno però durato appena
qualche mese, cioè fino all'assunzione dell'incarico di ministro
della difesa avvenuta il 6 novembre 2012.
La
nomina del generale Šojgu al posto di Anatolij Serdjukov è stata
interpretata in vari modi, ma è probabile che sulla decisione abbia
influito una concatenazione di fattori che spaziano dal problema
della corruzione alle incertezze sulla riforma dell'esercito, dalla
scarsa esperienza militare dell'ex ministro a pettegolezzi sulla sua
vita privata. L'arrivo del popolarissimo Šojgu al ministero della
difesa non ha comunque condotto all'abbandono degli obiettivi di
modernizzazione delle Forze Armate a cui aveva lavorato Serdjukov.8
Nei due anni e mezzo da ministro della difesa Šojgu ha più volte
comandato esercitazioni militari di grande portata per testare la
prontezza e la preparazione dell'esercito. In questo periodo non sono
infatti mancati i momenti di tensione internazionale che hanno visto
coinvolta la Russia: basti pensare alla minaccia d'intervento
statunitense in Siria nel 2013 o al lacerante conflitto in Ucraina
orientale. In pratica, pur non intaccando i presupposti della riforma
di Serdjukov, Šojgu ha imposto uno stile radicalmente diverso da
quello del suo predecessore. Da militare gode di un rapporto
privilegiato con gli uomini delle Forze Armate che in precedenza
mancava.9
Oltre a ciò Šojgu si distingue per un maggiore attivismo
internazionale, teso soprattutto a rafforzare la collaborazione
militare con paesi come Cuba, Venezuela e Vietnam. A caratterizzare
il nuovo corso ministeriale è anche l'attenzione ai particolari
simbolici ed alle tradizioni: Šojgu ha infatti reintrodotto l'usanza
della partecipazione dei cadetti delle scuole Suvorov e Nachimov alla
parata del 9 maggio, ricostituito le storiche divisioni Tamanskaja e
Kantemirovskaja, predisposto misure volte a stimolare il patriottismo
nelle caserme e imposto l'obbligo dell'uniforme per il personale del
ministero. Tutti interventi in linea con il terzo mandato
presidenziale di Vladimir Putin, contraddistinto da una maggiore
enfasi sui valori patriottici e tradizionali.
Il
generale ha inoltre manifestato l'intenzione di rafforzare la
collaborazione tra le Forze Armate e la Chiesa ortodossa russa,
auspicando il ripristino di relazioni simili a quelle intrattenute da
esercito e clero nella Russia pre-rivoluzionaria.10
Il rapporto tra Šojgu e la religione ha peraltro suscitato notevole
curiosità, soprattutto dopo la recente parata del 9 maggio scorso.
In quell'occasione infatti il ministro ha stupito molti facendo un
pubblico segno della croce sotto l'icona di Cristo che adorna la
Torre del Salvatore del Cremlino. In realtà Šojgu ha solo
restaurato un'antica tradizione venuta meno a causa delle politiche
antireligiose perseguite ai tempi dell'URSS (che avevano condotto
persino all'occultamento della sacra icona di Gesù). Quello di Šojgu
è apparso come un gesto dalla forte carica simbolica per molteplici
ragioni. In primo luogo per la sua novità: nessuno tra i suoi
predecessori aveva realizzato tale gesto all'inizio della grande
parata che celebra la vittoria sovietica nella seconda guerra
mondiale; in secondo luogo perché cozza in maniera radicale con il
laicismo sempre più diffuso in Occidente, rappresentando un
ulteriore segno di alterità della Russia rispetto ai paesi
euro-atlantici; in terzo luogo perché ha destato sorpresa che il
segno dell'appartenenza alla fede cristiana sia stato fatto proprio
così solennemente da un tuvano. L'origine paterna del ministro ha
infatti alimentato per lungo tempo la certezza della sua adesione al
buddhismo tibetano, religione tradizionale di Tuva insieme allo
sciamanesimo. In realtà, già nel 2003, in occasione del
conferimento di una prestigiosa onorificenza serbo-ortodossa, fu lo
stesso Šojgu a dichiarare di essere stato battezzato all'età di
cinque anni a Stachanov, località dell'odierna Ucraina orientale in
cui viveva la sua famiglia materna.11
Il ministro peraltro è solito partecipare al tradizionale rituale
del bagno nell'acqua gelata in occasione dell'Epifania e nel 2012 si
è recato in visita ufficiale presso il Monastero della Trinità di
San Sergio, cuore dell'ortodossia russa. Al tempo stesso egli
mantiene comunque relazioni molto strette con i religiosi buddhisti
della sua terra d'origine e con la tradizione da essi rappresentata.
Il rapporto di Šojgu con la sfera religiosa è quindi ricco e
complesso come ricco e complesso è il panorama spirituale della
Russia. Ciò che risulta evidente è la forte attenzione del ministro
della difesa russo per l'aspetto religioso della vita umana.
In
definitiva, Sergej Šojgu è uno dei personaggi del panorama politico
russo da tenere in maggiore considerazione anche per il futuro.
Infatti il suo rapporto privilegiato con Vladimir Putin, la
conoscenza delle autorità locali con cui ha lavorato a stretto
contatto per oltre vent'anni, i legami con la Chiesa ortodossa russa
e le Forze Armate, la credibilità di cui gode presso l'opinione
pubblica e l'immagine eroica che ormai si porta cucita addosso lo
rendono un probabile protagonista di prima grandezza anche nei
prossimi anni.
Fabio
Petrucci
1,
2, 3, 5, 7
Ray
Finch, Sergey
Shoygu: Russia’s
Emergency Defense Minister. A Bio-Sketch,
2013.
4
Charles
J. Shields, Vladimir
Putin,
2006.
6
Sean P. Roberts, Putin's
United Russia Party,
2012.
8
Theodore Karasik, Putin
and Shoigu: Reversing Russia's Decline,
2000.
9
Dmitry
Gorenburg,
The
Russian Military under Sergei Shoigu: Will
the Reform Continue?,
2013.
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